LA DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE MILITARE SCRIVE AD HOUSE!!!

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Adminsierone
00giovedì 22 aprile 2010 18:42
Ed house ....controbatte a colpi di scienze MEDICO-LEGALI!
TRATTO DA NPS Italia ONLUS:

HOUSE79

www.npsitalia.net/modules.php?name=Forums&file=viewtopi...

non potevo non renderVi partecipi!
vi riporto il testo della lettera che ho ricevuto ieri
che oltrettutto menziona NPS Italia Onlus!!!
(copia in pdf prontamente invata a Matt!)



.................................................

MINISTERO DELLA DIFESA
DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE MILITARE
I REPARTO
Viale dell'Esercito, 186 - 00143 Roma


A: house!!!


OGGETTO : concorso straordinario, per titoli ed esami, per il reclutamento di 4 Guardiamarina in servizio permanente del ruolo speciale del Corpo sanitario militare marittimo, indetto con decreto dirigenziale n. 251/09 dell'I 1 novembre 2009, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a serie speciale, n. 91 del 24 novembre 2009.


e, per conoscenza:
STATO MAGGIORE DELLA MARINA
1° Reparto ROMA
ISPETTORATO DELLE SCUOLE DELLA MARINA MILITARE ROMA


Riferimento istanza del 14 dicembre 2009 (copia allegata per MARISTAT e MARISPESCUOLE)


1. In relazione ai contenuti dell'istanza in riferimento (pervenuta, per il tramite del Suo Comando, il 12 marzo 2010) preliminarmente si osserva che la Corte costituzionale con la sentenza n. 218/1994 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, commi 3 e 5, della legge n. 135/1990 "nella parte in cui non prevede accertamenti salutari dell'assenza di sieropositività alla infezione da HIV come condizione per l'espletamento di attività che comportano rischio per la salute dei terzi". Secondo la Consulta, "il legislatore, nel settore della sanità e dell'assistenza, ha (già) inteso disporre la protezione dal contagio professionale, avendo particolarmente di mira il rischio che gli addetti possono correre nell'esercizio dell'attività professionale; rischio per il quale operano in prevalenza le misure di protezione previste". Nella sentenza in esame il supremo consesso ha ravvisato "l'ulteriore necessità ... di tutelare la salute dei terzi in ogni settore nel quale esista per essi un serio rischio di contagio...", legittimando l'accertamento preventivo della positività all'infezione da HIV anche in settori per i quali in precedenza doveva ritenersi escluso.
Alla luce di tale considerazione, la consulta ha ritenuto superata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'articolo 6 della stessa legge, specificando che il divieto di accertamento della positività all'infezione da HIV non è applicabile non solo nel settore della sanità e dell'assistenza ma in ogni settore in cui vi sia un serio rischio di contagio.

Non c’è dubbio che le Forze armate, considerata la loro specificità, rientrino tra i settori a
rischio di cui trattasi, sia per la salute dei terzi sia per la salute dell’eventuale sieropositivo, la cui situazione sarebbe, peraltro, elemento ostativo per la sottoposizione dello stesso alla schedula vaccinale obbligatoria.

Non si spiegherebbe, altrimenti, la previsione dell'articolo 3 della direttiva tecnica riguardante l'accertamento delle imperfezioni e infermità che sono causa di inidoneità al servizio militare, approvata con decreto emanato dalla Direzione generale della sanità militare il 5 dicembre 2005, che contempla, tra dette cause, anche la positività agli anticorpi HIV. Tale previsione presuppone la necessità dei conseguenti accertamenti in fase di reclutamento del personale militare. A ciò si aggiunga che i bandi di concorso costituiscono" legge speciale e pertanto la partecipazione agli stessi comporta implicitamente l' accettazione volontaria, senza riserva alcuna, di tutte le disposizioni ivi contenute.

Per quanto concerne le modalità di trattamento dei dati sanitari, si specifica che i medesimi vengono trattati, quali dati sensibili, per le finalità connesse alla gestione della procedura concorsuale, in conformità ai principi di pertinenza, non eccedenza ed indispensabilità a adottando tutte le cautele necessarie per la custodia degli stessi, al fine di evitare rischi di accesso non autorizzato ovvero di trattamento non consentito o difforme dalla finalità della raccolta.

2. Si aggiunge, inoltre, che le suddette valutazioni sono state già inviate al Garante per la
protezione dei dati personali e sensibili, a seguito di interessamento sulla problematica in
questione da parte della NPS Italia Onlus.

3. Per quanto, invece, attiene al diritto di progressione di carriera si assicura che non sussistono preclusioni per quelle legate all'avanzamento di grado nel ruolo di appartenenza ovvero a quelle che prevedono il passaggio ad altri ruoli purché legate al riconoscimento del mantenimento dell'idoneità sanitaria al servizio militare (anche di fascia B secondo quanto previsto dalla direttiva tecnica della Direzione generale della sanità militare per delineare il profilo sanitario dei soggetti dichiarati idonei al servizio militare 5 dicembre 2005).

4. Infine, nel ringraziare per lo spirito di collaborazione dimostrato, si comunica che copia della presente lettera e dell'istanza vengono trasmesse alla Marina militare affinchè, di concerto con questa Direzione generale, si provveda alla costante opera di aggiornamento dei bandi di concorso per il reclutamento del personale militare soprattutto per gli aspetti relativi ai protocolli diagnostici volti all'accertamento della positività all'infezione da HIV

.............................



A tale lettera ovviamente non potevo che rispondere (oggi stesso) per iscritto con richiesta di conferimento PER MOTIVI DI SERVIZIO con il Generale di Brigata che l'ha firmata!


MITTENTE: house!


AL: Capo del I Reparto
Direzione Generale Personale Militare
Tramite Autorità Gerarchiche


ARGOMENTO : Richiesta di conferimento, per motivi di servizio, ai sensi dell’art. 39 del Regolamento di Disciplina Militare (DPR 18 luglio 1986, n. 545)

Riferimento: Fg. n. xxxx in data 31/03/10 di PERSOMIL (non a Tutti).


Il sottoscritto HOUSE.....(omissis dati sensibili!)


CHIEDE

di poter conferire con la S.V. per motivi di servizio, ai sensi dell’art. 39 del Regolamento di Disciplina Militare (DPR 18 luglio 1986, n. 545).


In relazione ai contenuti del foglio in riferimento, notificato al sottoscritto in data 21 Aprile c.a.,

Con esplicito riferimento ai seguenti riferimenti normativi:
- Costituzione Italiana (Art. 32, comma 2);
- Legge nr. 135/90 (Artt. 5 e 6);
- Legge nr. 359/90 (Art. 15, comma 3);
- Sentenza Cass. Pen. , Sez III, n. 43/98;
- D.lgs nr. 196/2003;
- D.M. nr. 203/2006;
- Totalità dei Provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali e sensibili, in materia di dati necessità, liceità e pertinenza nel trattamento di dati “ultra-sensibili” (nello specifico diagnosi di “infezione da HIV”)


in merito ai principi di liceità, necessità e pertinenza degli accertamenti sanitari volti alla verifica dello stato di sieropositività al virus HIV dei partecipanti ai concorsi, per titoli ed esami, indetti dall’A.D., il sottoscrivente rappresenta preventivamente le tematiche inerenti l’istanza di conferimento con la S.V.

- In base all’articolo 32, comma 2, della Costituzione italiana "nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge".

- Nei recenti bandi pubblicati dalla Direzione Generale per il Personale Militare di questo MINISTERO della Difesa non risulta menzionato alcun riferimento normativo circa la “legittimazione” dell’indagine sierologica per l’accertamento della presenza di anticorpi contro il virus HIV.

- L’Ordinamento giuridico vigente non prevede alcun settore lavorativo/professionale a rischio trasmissivo di HIV, tantomeno la specificità delle FF.AA. mette in discussione il concetto di profilassi delle malattie sessualmente trasmissibili e della profilassi dei rischi lavorativi (medicina preventiva, informazione e formazione del personale dipendente sul corretto utilizzo dei d.p.i., ecc.).

- In base all’ Articolo 5 della Legge 135/90 la rilevazione dell’infezione da HIV deve essere effettuata con modalità che non consentano l’identificazione della persona. Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse. Sono consentite analisi di accertamento di infezione da HIV, nell'ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di pervenire alla identificazione delle persone interessate. La comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti. L'accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l'iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro.

- In base all’articolo 6 della Legge 135/90 è vietato ai datori di lavoro, pubblici e privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l'instaurazione di un rapporto di lavoro l'esistenza di uno stato di sieropositività. Alle violazioni di tali disposizioni si applica il sistema sanzionatorio previsto dall'Art. 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
- In base all’articolo 15, comma 3, della Legge 359/90 nessun provvedimento può essere preso nei confronti di chi abbia rifiutato di sottoporsi agli accertamenti per la ricerca di anticorpi HIV o di chi, sulla base di tali accertamenti, sia risultato essere sieropositivo.

- Nel 1994 (sentenza n. 218) si è espressa la Corte Costituzionale suggerendo che, qualora alcune attività lavorative o mansioni dovessero comportare rischi di trasmissione dell’infezione verso terzi (in particolare questa ipotesi nasceva da un caso relativo ad attività in ambito sanitario) “dovrebbe” essere prevista la possibilità del datore di lavoro di richiedere all’interessato l’esecuzione del test, ciò perché l’interesse per la salute collettiva e la sua tutela, in base alle conoscenze medico-scientifiche dell’epoca, superava i diritti del singolo. Questa sentenza di fatto demandava al Legislatore il compito di individuare le eventuali mansioni che possono esporre terzi a contrarre l’infezione da HIV e rispetto alle quali prevedere l’esecuzione del test. Ad oggi il Parlamento non si e’ mai espresso in tal senso.

- La Corte Costituzionale con la sentenza 218 del 1994 ha evitato di pronunciarsi sulla questione di costituzionalità dell’art. 6, l. n. 135/90, lasciando immutata la disciplina del “divieto per i datori di lavoro”. E, a conferma di ciò, la stessa Cassazione penale, sez. III, nella sentenza 8 gennaio 1998, n.43, ha statuito che costituisce il reato di cui all’art. 6, l. n. 135/90, e sono puniti a norma dell’art. 38 St. lav., il datore di lavoro e a titolo di concorso il medico che sottopongano all’esame per la ricerca della sieropositività lavoratori dipendenti o persone prese in considerazione per l’instaurazione di un rapporto di lavoro. Che la conseguenza di questa sentenza possa essere quella di screening di massa è espressamente negato dalla Corte. Ma anche il rischio di screening di categoria, sul paradigma della legge 30 novembre 1990, n. 359, sull’aumento dell’organico del personale appartenente alle Forze di Polizia, sembra essere sventato. Infatti, il legislatore non è intervenuto con un provvedimento legislativo che li renda possibili ex art. 32, comma 2, Cost. In definitiva, il monito della Corte si limita alla necessità “di tutelare la salute dei terzi in ogni settore nel quale esista per essi un serio rischio di contagio, trasmissibile da chi svolga un’attività loro diretta”.

- Già nel Marzo ‘94 la Commissione Nazionale AIDS del Ministero della Sanità, ha approvato un documento che derime ogni dubbio e nel quale viene specificato che "sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili sulle modalità di trasmissione dell’HIV non è giustificato, anzi sembra irragionevole, prevedere l’obbligatorietà di screening per l’HIV per gli operatori, anche del comparto sanitario". La Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS nel parere reso in relazione all’eccezione di incostituzionalità degli artt. 5 e 6, l. n. 135/90, proposta dal Pretore di Padova, ha effettuato una disamina dello stato delle conoscenze sulla trasmissione dell’infezione da HIV, allo scopo di evidenziare quale sia il fondamento tecnico-scientifico delle disposizioni che non consentono l’esecuzione obbligatoria del test per l’accertamento dell’infezione da HIV. La Commissione ha sostenuto che seguendo le raccomandazioni dei Center for Diseases Control and Prevention statunitensi per la prevenzione della trasmissione del virus della immunodeficienza umana (HIV), che si basano sul rispetto delle precauzioni universali, pur in un settore particolarmente a rischio qual è quello sanitario, il rischio di infezione occupazionale può considerarsi solo ipotetico. Ed ancora, la Commissione, ha ricordato come la disciplina che è stata emanata nel nostro paese, in coerenza con gli indirizzi delineati con D.M. 28 settembre 1990, ha definito l’insieme delle norme di protezione, tanto per gli operatori delle strutture sanitarie che per quelli delle strutture assistenziali, sia pubbliche che private, con criteri di sistematicità e generalità per i diversi settori e ha rimarcato come le precauzioni previste sono da ritenere adeguate tanto per la protezione degli operatori che per quelle delle persone assistite, concludendo che “sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili sulle modalità di trasmissione dell’HIV non è giustificato, anzi sembra irragionevole, prevedere l’obbligatorietà di screening per l’HIV per gli operatori sanitari ed altre categorie professionali”. Risulta superata, dunque, sulla scorta di valutazioni medico-scientifiche, imprescindibili per il corretto inquadramento della questione dei rischi di contagio e della loro ricorrenza in concreto, la questione della tutela dei terzi, inquadrandola in un contesto di politica di prevenzione, peraltro in linea con le indicazioni successivamente elaborate dall’ILO che ha prodotto nel 2001 un codice di condotta nei luoghi di lavoro per la prevenzione del contagio da HIV. La politica di prevenzione e non di controllo è, infatti, la risposta all’esigenza di bilanciamento degli interessi, risposta che garantisce al contempo l’interesse del singolo alla tutela della privacy e a non subire discriminazioni, e l’interesse della collettività a vedersi tutelata dal contagio, proprio in quanto l’HIV viene considerata dall’OMS quale malattia comportamentale. Essendo specifiche le sue modalità di trasmissione, i rischi della stessa sono strettamente collegati a comportamenti personali, specifici e non casuali, normalmente non ricorrenti nei luoghi di lavoro.

- All’esigenza di tutela dal rischio del contagio ha risposto il legislatore con il decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626, in materia di prevenzione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Com’è noto, tale decreto prevede misure generali di tutela volte alla valutazione dei rischi per la salute e sicurezza e alla loro eliminazione in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non sia possibile, alla loro riduzione al minimo. In particolare viene in evidenza l’obbligo di informazione e formazione sui rischi e sulle misure di sicurezza previsto dagli artt. 21 e 22 del decreto, che sembra essere uno strumento privilegiato di strategia prevenzionale. Ne deriva che il datore di lavoro ha l’obbligo di assumere le concrete misure prevenzionali in relazione alla rilevanza, alla specificità e alla attualità del rischio da contagio del virus HIV.

- In Italia, attualmente, in nessun ambito può essere prevista l’esecuzione obbligatoria del test per HIV per accedere o mantenere un posto di lavoro (la succitata L. n. 359/90 - che riguarda le Forze dell’Ordine- non pone vincoli per l’assunzione o il mantenimento del posto di lavoro). In Italia è corretto affermare che nessuno può essere licenziato o non assunto solamente in quanto sieropositivo.

- la stessa Cassazione penale, sez. III, nella sentenza 8 gennaio 1998, n.43, ha statuito che costituisce il reato di cui all’art. 6, l. n. 135/90, e sono puniti a norma dell’art. 38 St. lav., il datore di lavoro e, a titolo di concorso, il medico che sottopongano all’esame per la ricerca della sieropositività lavoratori dipendenti o persone prese in considerazione per l’instaurazione di un rapporto di lavoro.

- La raccolta dei dati relativi a soggetti sieropositivi e portatori di AIDS deve essere effettuata con maggior rigore e tutela della riservatezza rispetto agli altri dati personali. Questa è l’interpretazione fornita dal Garante per la protezione dei dati personali che ha, in più occasioni, ribadito che la legge sulla privacy non ha abrogato la legge 5 giugno 1990, n. 135, sull’AIDS. La legge sull’AIDS (L. 135/90) prevede, come già detto, il divieto di controlli sulla sieropositività a cui il soggetto non abbia consentito “se non per necessità clinica nel suo interesse”. Prevede poi, all’art. 6 il divieto assoluto di svolgere indagini in tal senso per il datore di lavoro.


- In base alle più recenti ed aggiornate conoscenze medico-scientifiche sul tema HIV note al sottoscrivente ed ai professionisti sufficientemente aggiornati in materia di educazione sanitaria e malattie infettive , richiedere genericamente un test per l’accertamento della positività per anticorpi HIV, oltre ad essere una potenziale indagine volta ad azioni discriminatorie nella selezione pubblica dei dipendenti, non avrebbe nessuna valenza clinica, tenuto conto che:
1) nei bandi di concorso indetti dalla Direzione Generale per il Personale Militare di questo Ministero della Difesa non è stata sempre specificata la generazione di test a cui il concorrente dovrebbe obbligatoriamente sottoporsi (Es. 3^ e 4^ generazione).

2) L’effettuazione del test anticorpale per verificare una eventuale infezione da HIV, per essere attendibile, dovrebbe tener conto contemporaneamente dei genotipi virali HIV1 e HIV2.
3) Il test anticorpale (HIV - 1 e 2) deve essere necessariamente supportato da un test di conferma (RIBA – Western Blot – e tecniche di “Immuno-blotting”) nonchè di ricerca diretta dell’antigene/agente eziologico (indagine di PCR).
4) I risultati di indagine diretta sull’agente eziologico HIV ( PCR, sia qualitativa che quantitativa) sono identici sia nei soggetti sieronegativi, che nei soggetti “falsamente positivi” o “sieropositivi in trattamento farmacologico in regime di piena aderenza agli antiretrovirali (HAART)”.
5) L’ introduzione nel ‘96 della terapia antiretrovirale altamente efficace, la c.d. HAART, ha radicalmente modificato la progressione della malattia, cronicizzando di fatto lo stato di sieropositività e facendo calare la percentuale delle morti da circa il 90% al 10% annuo (meno delle percentuali di morti causate da una banalissima influenza stagionale).
6) L’attività di profilassi vaccinale a favore del personale militare non prevede preliminarmente l’esecuzione obbligatoria del test HIV, tantomeno la conta delle sottopopolazioni linfocitarie CD4+ CD8+ che accerta l’eventuale immunodeficienza in atto. Ne consegue che quotidianamente, presso le stazioni vaccinali militari vengono vaccinati “siero-ignoti” in buono stato di salute: l’accertata condizione di buono stato di salute generale è di per sé sufficiente per la sottoposizione a protocollo vaccinale. L’accertato stato di sieropositività al virus HIV (dato ultra-sensibile) non pregiudica la sottoposizione a vaccinazione. Le vaccinazioni “obbligatorie” a cui vengono sottoposti i dipendenti dell’A.D. sono, altresì, altamente raccomandate per i pazienti in cui è stato accertato uno stato di sieropositivita’ HIV. L’eventuale immunodeficienza, secondo le più aggiornate conoscenze scientifiche, pregiudicherebbe solamente la risposta anticorpale. In caso di accertata “NON” risposta anticorpale (che si verifica talvolta anche nelle persone certamente sieronegative all’HIV) la vaccinazione dovrà essere semplicemente ripetuta. E’ altresì importante ribadire che è l’attuale terapia antiretrovirale altamente efficace (HAART) a ripristinare, di fatto, nel breve-medio periodo lo stato di immuno-competenza.
7) Richiedere un test HIV, sia a tempo “0” (zero) che a fine “periodo finestra”, non è MAI attendibile, laddove non vi sia stato un “circostanziato o certo” rischio trasmissivo (professionale o non-professionale); nello specifico il candidato che partecipa ai concorsi indetti dall’A.D. potrebbe aver contratto l’infezione in periodi che non consentano la rilevazione del titolo anticorpale (es. il giorno prima degli accertamenti sanitari per la valutazione medico-legale dell’idoneita’ psico-fisica) e risultare, dalla certificazione prodotta in sede concorsuale, quale “sieronegativo”.
Il sottoscrivente dichiara di essere conoscenza delle valutazioni del Gabinetto della Difesa inviate al Garante per la protezione dei dati personali, in merito a quanto sopraccitato, e di essere, altresì, a conoscenza dell’apertura di un fascicolo di inchiesta preliminare, da parte del Dipartimento per le Libertà Pubbliche e Sanità, della medesima Autorità.


In fede:

HOUSE

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COMMENTI AGGIUNTIVI DOVEROSI PER TUTTI GLI AMICI
DI NPS Italia Onlus

I motivi per cui chiedo di conferire direttamente con chi mi scrive sono i seguenti:

- Pretendo che a parlare di HIV sia la DIREZIONE GENERALE DELLA SANITA' MILITARE! Io, professionista sanitario sieropositivo, non intendo ascoltare le inesattezze dei discenti in materia! e sono pronto a spiegare ai DISCENTI cosa sia l'HIV oggi (Io, come Voi, so di cosa si sta parlando!
IL GENERALE EVIDENTEMENTE E' STATO MAL INFORMATO!)

- Sono certo che il Generale di brigata che mi scrive
NON E' MAI STATO SOTTOPOSTO A TEST HIV
(dato che io sono un operatore sanitario gli chiedero' IL CONSENSO per l'esecuzione del test! vediamo se non me lo firma ....che succede!?)

- Gli Artt. 5 e 6 della L. 135/90 IL PARLAMENTO ITALIANO NON LI HA MODIFICATI, MA IL GENERALE NON LO DICE!

- Quotidianamente presso i centri vaccinali militari vengono vaccinati "siero-ignoti" e NON E' PREVISTO sottoporli al test prima di vaccinarli!
IL GENERALE NON LO SA!

- Le vaccinazioni cosiddette obbligatorie (non sono tali! e il Generale non lo sa!) sono altresi' raccomandate al personale sieropositivo!
IO, MILITARE SIEROPOSITIVO, MI VACCINO ALLO STESSO MODO DI UN SIERO-IGNOTO O SIERONEGATIVO! HOUSE NON E' OSTATIVO DI NULLA!
IL GENERALE NON LO SA!

- Non so dove il Generale abbia letto che i militari sono a rischio contagio!!!! Rolling Eyes

NON ESISTE UN OBBLIGO PER I MILITARI DI FARE SESSO SENZA CONDOM, TANTOMENO A LAVORARE SENZA DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE!

Ci mancherebbe altro!! Shocked

IL GENERALE NON LO SA?

- Il Generale prima mi dice che in fase di arruolamento e' previsto lo screening....e poi?? no??
MI RASSICURA ANCHE CHE IL MIO DIRITTO DI PROGRESSIONE DI CARRIERA NON E' MESSO IN DISCUSSIONE!

Assolutamente non e' vero!
IL CONCORSO PER UFFICIALI DEL CORPO SANITARIO DELLA MARINA MILITARE NON E' STATO INDETTO NELL'ANNO 2009 PERCHE' C'ERO IO COME CONCORRENTE!

IL GENERALE NON LO SAPEVA?

E ora dovrei credere a chi?

IL TEST HIV PER LA SELEZIONE IN UN CONCORSO PUBBLICO
E' UNA GRANDISSIMA *****!

NON PUO' ESSERE NEMMENO RICHIESTO PER ISCRIVERSI AL LICEO!
LE FF.AA. lo richiedono ai MINORENNI per l'Iscrizione al liceo!

IL GENERALE NON LO SA?


non me ne faccio nulla dei "ringraziamenti" per la collaborazione!

eh no! Caro Generale!

house parla di cose serie!

e non finiro' mai di ringraziare NPS Italia Onlus (Rosaria Iardino, Ada ed in particolar modo Matteo) per tutto cio' che fanno.

Grazie di cuore,

house sta decisamente con tutti Voi.

IL GENERALE PRESTO LO SAPRA'!

www.npsitalia.net/modules.php?name=Forums&file=viewtopi...

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harrypotter79
00venerdì 23 aprile 2010 15:02


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NormaJ
00venerdì 23 aprile 2010 15:11

Grande house/harry!!

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